mercoledì 23 luglio 2014

Guai dimenticare

Ecco, ci ho sbattuto il naso e fa male. Oggi è arrivato un barcone carico di profughi. Proprio qui, dove mi lamento che il tempo è brutto e che tira vento. Proprio qui in mezzo ai turisti del tutto compreso. Sono stati portati via dalle ambulanze e raccolti nella palestra della scuola. Poi li porteranno a Crotone. Qualcuno è scappato, hanno già imparato che è meglio non entrare nel Cie. Non si sa quando se ne esce. Alcuni vagano sulla statale e fermando le donne (siamo più affidabili, magari) pronunciano una sola parola: Milano, Milano. La donna saggia del paese ricorda a tutte, guai dimenticare. Guai dimenticare che siamo tutti figli e nipoti di emigranti. Guai dimenticare che i nostri parenti hanno viaggiato a lungo ammassati nelle stive delle navi. Alcuni hanno viaggiato per tre mesi per arrivare in Australia. Guai dimenticare che venivamo considerati sporchi e neri e miserabili. Guai perdere la nostra storia, il nostro doloroso passato. Questa è l’anima grande delle donne del sud. Guai dimenticare.
Oggi tira il vento ma non lo sento, non riesce nemmeno ad asciugare le lacrime della ragione e del cuore.


martedì 22 aprile 2014

il cucchiaino di caffé

Un cucchiaino di caffè

 A 18 anni, stare seduta sulle gambe di mia madre, ridendo. Lei mi da un cucchiaino di caffè, che di più mi fa male. Sarò per sempre piccola.

lunedì 21 aprile 2014

Ora posso anche morire

"Ora posso anche morire". 
Ogni volta così, dopo aver fatto l'amore. Me lo diceva sempre e io mi arrabbiavo. Poi è morto e non di piacere. Meglio morire con il corpo stanco dall'amore che in un letto di ospedale. Aveva ragione lui..

lunedì 13 gennaio 2014

Madonna



Che viso triste, quella donna.
Gli occhi dolci ma nello stesso tempo distanti. Le gote rosate, troppo perfette. Non un’imperfezione, un’ombra. La bocca con le labbra sottili, chiuse e morbide.
Non ho mai amato le labbra sottili. Dicono che le hanno le persone poco sincere. Qualche ciocca di capelli mossi  color miele di castagno le davano un’aria semplice.
Il capo era coperto. Forse una cotonina a poco prezzo, ma più pesante, con un'accennato motivo di fiori. Un mantello che tutto copre. In braccio un bambino addormentato. Grassoccio e biondo, con una veste bianca. Sulla sfondo nulla che si possa intravvedere. Uno sfondo anonimo, solo una leggera luminescenza sul contorno delle figure.  L’insieme calmo, fino a sconfinare nella malinconia.
Ma loro, come avranno fatto a fare l’amore con gioia per quarant’anni, sotto quella Madonna triste?

venerdì 3 gennaio 2014

maledetto 3 gennaio

Ci sono dolori nella vita non immaginabili, non quantificabili. Ognuno spera di non viverli mai ma quando ti capitano ti rendi conto che la vita è ingiusta, è schifosamente ingiusta e che la reazione più umana è quella di proseguire. Come non si sa. Perché non si sa. Si fa e basta. E le frasi sono ingenue e inutili. Frasi fatte di chi non sa che certi dolori ti spezzano dentro per sempre ed è inutile sentirsi dire sii forte, dai che ce la fai. Si abbozza un sorriso più pietoso di chi te lo dice. E il prete che è più sconcertato di te di dice che è il disegno di Dio e tu pensi il peggio. E la vita prosegue e tutti i problemi ti sembrano cazzate e ti viene da pensare che gli altri sono delle pappemolli e non è vero. Ma tu hai vissuto altro e dovresti scrollartelo di dosso ma è appiccicoso come resina, ti rimane dentro lo stomaco e ti pesa sul respiro. E il rapporto con gli altri cambia, ti rende sospettoso e indifferente. E hai paura di approfondire per non far saltare quel coperchio sigillato che hai messo sul cuore. Se salta non si sa cosa può succedere. E si vive.

lunedì 30 dicembre 2013

"L'insegnamento mancato"



Santo Stefano 2013 - A Solda è una giornata tranquilla e nevica da due giorni come in una cartolina. Verso le due di pomeriggio manca la corrente, strano ma non troppo. Capita spesso in alta montagna. Controllo il contatore, non sia mai che abbia acceso qualcosa di troppo. Niente, va bene, la corrente tornerà. La casa è calda, anche se il riscaldamento si è fermato non c’è problema.  Passano le ore, boh, chissà, sarà caduto qualche albero. Wind va, Tim e Vodafone no. Ma dov’è il ripetitore? Quella torre lassù vicino al Ka zwei, il rifugio. Salta anche Wind. Senza corrente, il ripetitore non ha segnale. Internet nemmeno sognarselo. Il paese è a macchia di leopardo, zone di buio e zone illuminate. Il rombo mi ricorda che gli albergatori hanno acceso gli aggregati, i bastardi, vabbè ma la corrente tornerà. La porta del garage è bloccata e speriamo che non mi serva la macchina. Ho in casa un sacco di candele e l’atmosfera diventa persino romantica. Avete presente quel sistema di riscaldare con i vasi di coccio sulle candele? Ecco, si potrebbe ma non ho vasi, niente… vabbè, ma la corrente tornerà. Mi viene l’irrazionale voglia di accendere la radio, la tv, il forno, il microonde, tutto quello insomma che è fuori discussione. Il gas funziona e la cena è salva. Giochiamo in solitaria a solitario finché la batteria del telefono, che comunque è a “nessun servizio”, si scarica. Bene. Che si fa? Si va a dormire, è buio pesto, che ore sono? Le nove e quindici. Sic! Aspettando la luce si va a letto che fa freschetto. 
La mattina dopo - niente ancora, accidenti come mai?- ci si veste alla svelta. Un caffè e fuori a fare una passeggiata che c’è il sole. Le seggiovie sono ferme. Sai che incazzature i turisti arrivati per le vacanze (anche quelli fermi in fila a cercare di capire come montare le catene). Vabbè, ma la corrente tornerà. Il pomeriggio trascorre lento, i colori si diluiscono in variazioni di azzurro. Si rimane a pensare, ore per riflettere, per perdersi. In casa ci sono otto gradi, la tavoletta del wc sembra fatta di ghiaccio. Ci si muove con la candela in mano, fa tanto piccola fiammiferaia. L’unica stufa a legna, ignorata finora perché tanto torna la corrente, si prende la sua rivincita. Riesce a rendere vivibile una stanza adibita oramai a soggiorno, camera da letto, sala da pranzo, rifugio antiatomico. Il sonno ci prende alle otto di sera, con il crepitio del legno e il gatto che fissa preoccupato le fiamme. Ricordi atavici. La notte è fonda e profonda.
Alle sei di mattina con il fuoco ormai spento e la stanza fredda, apro gli occhi, cavoli, vedo le stelle che filtrano dalle imposte. Stelle? Quali stelle, sono le lucine di natale, l’unico settore che funziona… ma allora la luce è tornata! Mi butto fuori dal piumino e apro la porta.  Tutte le luci sono accese e il rumore della caldaia è musica. Trentasei ore di tregua dalla civiltà e l’unico desiderio che ho è di ritornare alla normalità. Felice, passo l’aspirapolvere. E’ vero che l’uomo impara poco. Anche la donna.

martedì 17 dicembre 2013

Una voglia bastarda

Devo scrivere, devo scrivere. Una specie di fuoco mi prende partendo dallo stomaco. Fino alle dita. Una tastiera, ho solo bisogno di una tastiera. Come se bastasse. Come ci si potesse svuotare anima e corpo e gettarli in questa pallida luce lattescente. Svuotarsi, svuotarsi. Che ansia. Da dove comincio. Dalla fine, nei film si incomincia dalla fine e ci si mette un po' a capire che quella é la fine. La fine del film é l'inizio. Magari fosse così, l'inizio, Ma l'inizio di cosa. Noia. Ansia. Sei negativa, mi diceva lui. Non hai pensieri positivi, mi ripeteva dall'alto della sua posizione di comodo. Una moglie "con cui sono felicissimo" e io. Io non sono un'amante - che sarebbe squallido, io non faccio certe cose- . Cercati un altro, mi ripeteva, che io non ho tempo da dedicarti. E intanto veniva da me ogni attimo. E le notti a dormire - ho detto che dormo in ufficio - e giorni di vacanza al mare - ho detto che è per lavoro -. E lei dorme nella sua sicurezza. Dorme e non vede, forse. E a me viene la voglia di mandarle un fotografia, un dettaglio, un letto sfatto, un lenzuolo stropicciato. Due beauty-case vicini sul lavabo del bagno. O far cadere una pinza per capelli sul tappetino della macchina. Ci salirai prima o poi. Salirai sulla verità scomoda della vita, delle bugie, delle illusioni. Mica devo starci solo io su quel carro. E' la mia voglia a esserlo, io non sono così bastarda. Forse.